Sinistra Autonomia FederalismoRipartiamo dalle idee e dai territori
Nuovi passi, elettorali e non solo
di Paola Atzeni
Sulle sinistre, sulle loro adeguatezze e specialmente sulle inadeguatezze, che risultano sia dalle perdite elettorali e sia dall’ampia e persistente area di non voto, c’è molto da dire e da fare.
Credo che sia necessario fare il possibile per aprire ed estendere il campo del dialogo a vari autonomismi e federalismi, compresa autodeterminazione, specialmente nel quadro di un nuovo europeismo che parte dalle comunità locali potenziate. Occorre pertanto un Pd aperto e generoso, liberato da tentazioni di protervia e di autosufficienza, pur essendo il maggior partito dello schieramento democratico. Sono necessarie sinistre esterne al Pd, più impegnate nel produrre anch’esse una unità complessiva, qualitativamente e creativamente avanzata e innovativa. Questo non vuol dire dimenticare né errori lontani, né errori del renzismo. Ma non possiamo farcene travolgere.
Il pregevole studio sulle elezioni regionali in Sardegna dell’istituto Cattaneo, ha come focus i cinquestelle, i flussi in uscita e l’area del non voto, comprese le configurazioni tipologiche che li riguardano: i disillusi, i pentiti, i traghettati, i fedeli. Fra i pentiti che tornano al centro-sinistra ha giocato un ruolo importante Massimo Zedda, come ripete questo studio analitico. Ha recuperato e resistito quindi la discontinuità rispetto al renzismo. Non possiamo sottacere e sottovalutare questo dato, altrimenti pagheremo tutte e tutti a prezzi salati e amari.
Con necessaria onestà intellettuale tutti quelli che siamo stati renziani, speranzosi o interessati, dobbiamo riconoscere questo dato di fatto che invece è stato offuscato o celato sia dalle mancate analisi di varie votazioni e sia dal concomitante congelamento di energie rinnovatrici. Un dato occultato insieme alle responsabilità di chi ha creato, a vari livelli, modi di renzismo tali che hanno determinato reazioni negative, perfino punitive, di vari elettorati democratici locali, specialmente nelle roccaforti della sinistra.
Risparmio dettagli di clientelismo, di abbandono, di inadeguatezza boriosa, di insensibilità umana, di inadeguatezza, tutti documentabili e testimoniabili, forse non nuovi, ma in tempi recenti certo più estesi e impudenti. Possiamo situare lì l’origine di molti attuali rancori e comportamenti con protagonisti che hanno preso forse posto sia nell’area mobile sia del non voto sia del voto precario a sinistra: sia gli scoraggiati con profili comportamentali silenti e paralizzanti, sia i protestatari con sfoghi critici o rancorosi sfoghi di varia intensità, sia i tenaci terminali, ancora resistenti ma sempre più stancamente nel campo elettorale delle sinistre. Fra i due fronti possiamo individuarei costruttori, in opera per far diventare queste persone forza di cambiamento.
Non agevolano il difficile lavoro di trasformazione politica della passività in attività democratica posizioni occultanti e minimalizzanti che ospitano, in uno stesso campo acritico, i rottamatori buonisti in buona fede, i sostenitori irriducibili che mai ammetterebbero i propri errori, i sostenitori interessati che hanno tratto vantaggio da stili di governo puniti dagli elettori, a vari livelli, e sono assolutamente insensibili alle grida di dolore, scomposte e composte, e alle analisi critiche dei democratici che hanno subito sulla loro pelle errori e perdite causate dal renzismo. Abbiamo sinistri problemi interni da risolvere e da superare. Possiamo, se vogliamo.
Qualche parola sulle donne nel quadro post-elettorale, viste le poche donne elette dalle sinistre, sui movimenti democratici di genere e poi su manifesti e programmi per una nuova Europa.
Le donne, e i loro nuovi movimenti democratici di genere, sono una straordinaria risorsa per il movimento democratico unitario. Sono competenti e sottostimate, sotto attacco e reattive, propositive e creative, anche in politica come ha mostrato la loro presenza a Verona per difendere non solo i loro diritti democratici, ma quelli di tutti. Il nostro federalismo solidale -differentemente dal federalismo egoistico, differenziale e inferiorizzante- superando una concezione esclusivamente rivolta alla struttura istituzionale, deve recuperare sia la dimensione individuale-esistenziale del poter vivere, sia quella collettiva dei generi e delle generazioni come diritto al poter vivere nel benessere condiviso.
Qual è la portata e il portato delle donne democratiche?
Nella nuova economia del poter vivere e del saper vivere condiviso, le culture delle donne portano, in generale e in particolare, la rilevanza tecnica del saper fare non solo nelle attività produttive, ma anche nelle attività di cura. Si tratta di tecniche, ben sudiate in una certa letteratura tecno-socio-scientifica fino al riciclo e all’economia circolare, come mostra ad esempio il libro di Maria Puig de la Bella casa Matters of Care, del 2017. Tali tecniche non sono quindi limitate all’ambito familiare e all’assistenza per le disabilità. Storicamente, invece, hanno ora campi e valori assai ampi: ad esempio nelle manutenzioni, come impariamo dal crollo del ponte di Genova e dal dissesto idrogeologico dei nostri territori. Detto in breve, aprendo nuovi campi di studio e di impegno politico, le donne ri-centrano ora le attività economiche congiungendo alla rilevanza delle attività di cura manutentiva e rivitalizzante, le attività di produzione e di consumo. Offrono un salto culturale, di mentalità, di sapere: un salto epistemologico. Questi elementi devono necessariamente avere anche una nuova valenza politica ed elettorale.
Penso che specialmente a Cagliari, ma anche a Sassari, facciamo bene a preparare, insieme e unitariamente, un vivaio di nuove esperienze governative delle donne con una attenta selezione delle loro competenze, acquisita e in formazione, attivata con continue serie di Erasmus amministrativi e governativi nei Comuni Europei per potenziarne le esperienze. Ho espresso nella chat un mio orientamento personale per una sindaca, che rimane tale finché non mi appare di meglio fra le competenze delle donne.
I nuovi passi elettorali possono aiutarci a connettere, in certi modi e aldilà delle date delle elezioni, Cagliari e Sassari all’Europa: predisponendo cioè gli assi portanti di un programma per farne gli avamposti di un particolare e diffuso municipalismo radicale di cambiamento, che mira a potenziare sindaci e movimenti civici e a rafforzare complessivamente il ruolo delle amministrazioni locali in Europa.
Si tratta, per dirla in breve, di affrontare specialmente Cagliari, come capoluogo regionale, per realizzare una nuova Europa a partire dal potenziamento democratico dei Comuni, muovendoci dalle persone e insieme dall’istituzione municipale: partendo dalla mancanza di lavoro, cioè dalla piena e buona occupazione, e dalla scelta di una transizione verso un nuovo modello di sviluppo compatibile ecologicamente e socialmente.
A mio avviso, per dirla in estrema sintesi date le esigenze di brevità, è necessario riprendere in un certo modo il problema del lavoro e alcuni aspetti emersi nell’incontro cagliaritano con Laura Pennacchi. Credo che sia utile rilanciare i contenuti politici di vari modi di patire diffusi nella città determinati dalla mancanza di lavoro per vivere: i modi contemporanei e locali del pathos, emersi per esempio nell’intervento di don Carlo Follesa quando ci parlava degli spacciatori di droga cagliaritani che si dicevano costretti a spacciare per poter vivere. Tali contenuti con toni forti ed acuti emergevano anche dalla pastorale di don Ignazio Boi quando, segnalando la diffusa sfiducia e la silenziosa resa che accompagnava le sofferenze, faceva appello al mondo laico e cristiano sollecitando «una decisa reazione ed una sorta di “rivoluzione”», affermando che un cristiano autentico è sempre un sovversivo e sollecitando infine una «conversione culturale» sul tema della piena e buona occupazione.
Io vorrei che fosse ora potenziato il senso politico dell’incrocio dialogico realizzato a Cagliari: un incrocio in cui convergono passi del cattolicesimo popolare, percorsi di studi di Laura Pennacchi e, a scala di tutta modestia, anche varie mie ricerche che riguardano l’antropologia del poter vivere e del saper vivere, del poter fare e del saper fare. In questo incrocio si possono situare sia le donne e sia i giovani del mondo contemporaneo, più o meno in abbandono nell’economia neoliberistica del lasciar vivere o più spesso del lasciar campare: donne e giovani impegnati in varie forme di resistenza per i diritti al ben-essere, come hanno mostrato recentissimi ed estesi movimenti delle giovani e dei ragazzi in lotta per la salute propria e, insieme, del mondo. Movimenti che saldano politicamente e democraticamente differenti generazioni e differenti generi sessuali.
Si tratta di progettare e realizzare specialmente a Cagliari un programma partecipato e condiviso negli obiettivi e nei principi orientativi che ora, dati i tempi, posso solo riassumere in uno slogan: Cagliari città europea del benessere condiviso nel federalismo solidale. In vari modi bisogna far partire da quella città e dalla nostra isola un programma per la nuova Europa del cambiamento democratico.
Qualche considerazione, necessariamente assai affrettata, su appelli, manifesti, programmi per l’Europa. Ne ho letto 3. L’appello per l’Europa federale di Cacciari e di un gruppo di intellettuali con le pregevoli integrazioni fatte dal nostro gruppo, il manifesto di Calenda per una lista delle forze politiche e civiche, il programma per l’Europa per un green new deal del Diem 25 guidato, com’è noto, da Yanis Varufakis, utile per avere una visione sudista-mediterranea della nuova Europa.
L’appello di Cacciari, importanteper uscire dal silenzio e per intraprendere iniziative di confronto dialogico, è stato ben orientato, precisato, caratterizzato da chi ha lavorato per il nostro gruppo. Possiamo rallegrarcene. È ancora ben utile, infatti, per raccogliere commenti, adesioni, firme.
Il manifesto di Calenda, forte per l’adesione di forze politiche e civiche, ha le sue debolezze. È debole l’analisi politica, laddove attribuisce la crisi dell’Europa alla velocità del cambiamento innescato dalla globalizzazione e dall’innovazione tecnologica piuttosto che alle scelte politiche. Anche i riferimenti agli scarsi interventi paralleli in capitale umano e sociale -che avrebbero dovuto ricomporre le lacerazioni tra progresso e società, tecnica e uomo- riconosciuti come cause che hanno determinato l’aumento delle diseguaglianze e l’impoverimento della classe media, rimangono senza identificazioni di precise controparti. L’analisi, da lui svolta specialmente sul versante tecnico e culturale, non individua i soggetti e i processi economici e politici -come il neoliberismo, l’idolatria del mercato senza freni, il prosciugamento della tassazione progressiva- che nei migliori studi scientifici, specialmente americani, da me citati nel sito e nella chat, sono rilevati come causa primaria sia delle diseguaglianze e sia dell’impoverimento della classe media, a cui peraltro Calenda fa riferimento.
Calenda è un manager assai innovativo. A Portovesme nella SiderAllois ha realizzato innovazioni rilevanti nell’organizzazione aziendale, inserendo i lavoratori nel gruppo degli stakeholders, dei portatori d’interessi. Non è cosa da poco. Ma sul piano politico le sfide cruciali che giustamente egli vuole affrontare-il radicale cambiamento del lavoro con i relativi rapporti economici e sociali, il rischio ambientale e un nuovo modello di sviluppo legato alla sostenibilità e lo scenario internazionale più pericoloso e conflittuale- presentano conflitti senza avversari politici ben individuati nei fatti e nei processi dell’economia politica. Così il passaggio da lui affermato -dal capitale economico al capitale sociale con un’equa distribuzione della ricchezza- rimane, per quanto fortemente assertivo, assai vago e incerto.
Mi è impossibile render conto adeguatamente del ricco e articolato programma Diem 25 per un new deal dell’Europa, contenuto in 33 pagine, 12 capitoli, 102 paragrafi, dopo una brevissima introduzione. Ogni capitolo è un capitolo di New deal: 1 New deal per la democrazia 2 New deal per la natura, il clima e la transizione ecologica 3 New deal per i lavoro 5 New deal per i migranti, i rifugiati e i nuovi venuti 5 New deal per la solidarietà 6 New deal per l’eurozona e la finanza pubblica 7 New deal per i debito, il fisco e il sistema finanziario 8 New deal per i commercio internazionale e il ruolo dell’Europa nel mondo 9 New deal per le donne, l’eguaglianza di genere e per i diritti delle persone LGBTTQIA+ 10 New deal per la sovranità tecnologica 11 New deal per l’arte e la cultura 12 New deal per i giovani e l’istruzione.
Il programma, indubbiamente ricco, non è per noi esaustivo. Manca, ad esempio, un esplicito riferimento al federalismo. Manca, inoltre, un riferimento ai problemi dell’Europa mediterranea insulare. Tuttavia, questo programma può essere un utile strumento di lavoro. A patto che ne verifichiamo -individualmente, in coppie, in gruppi-almeno tre piani: le mancanze, le convergenze rispetto al nostro percorso, gli spunti innovativi.
Delle mancanze ho già detto. Per le convergenze segnalo frettolosamente il concetto di transizione ambientale presente nel programma di Zedda. Tale concetto politico permette di affrontare i necessari cambiamenti con le gradualità e le modulazioni necessarie per costruire nuove alleanze con produttori innovativi, lavoratori e imprese. Indico inoltre il lavoro garantito come secondo punto in comune, nel piano delle convergenze. Corrisponde agli studi che hanno orientato Laura Pennacchi, e noi al seguito, nel costruire l’obiettivo della piena e buona occupazione in Sardegna. Ci mette in rete concettuale e politica, attraverso certe ascendenze teoriche della Pennacchi e non solo, con la migliore sinistra democratica americana.
Il piano degli spunti è assai ampio ed aperto: la nuova democrazia europea, il nuovo ruolo delle donne e dei giovani in Europa costituiscono nutrimento per nuovi passi del nostro gruppo. Su questo piano l’agire che seguirà sarà meglio che il dire ora.
Propongo, pertanto, che si formino coppie e gruppi di lavoro, incentrati su chi ha letto o vorrà leggere questo programma, per indicare in una breve scheda con data, luogo, e se si vuole i protagonisti, mancanze, convergenze, nuovi spunti. Le nostre schede intitolate Per una Nuova Europa Democratica Federale Solidale possono integrare e puntualizzare ancor più il nostro appello e le firme raccolte.
Possiamo mettere in opera nelle campagne elettorali la costruzione di reti e di gruppi, producendo beni preziosi, attivi oltre il voto.
Paola Atzeni
Oristano 28 marzo 2019