Sinistra Autonomia FederalismoRipartiamo dalle idee e dai territori
Alle promotrici e ai promotori dell’assemblea-dibattito "Diritto alla piena e buona occupazione" - don Ignazio Boi
Ho accolto con molto piacere l’invito a partecipare alla vostra iniziativa “Ripartiamo dalle idee e dai territori” con l’apprezzata e stimata studiosa Laura Pennacchi.
La celebrazione del trigesimo di mia madre, scomparsa esattamente un mese fa, non mi permette di essere presente fisicamente, come avrei desiderato. Affido dunque a questo scritto, insieme al mio saluto, alcuni pensieri in qualità di Direttore dell’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Cagliari.
Con Laura Pennacchi saluto Michele Carrus e Claudio Atzori e la prof.ssa Paola Atzeni che si è fatta tramite per questo importante momento di connessione.
Dico subito, senza troppi preamboli, che laddove c’è il desiderio di accompagnare e sostenere la persona nel difficile percorso della ricerca, della tutela, della creazione di lavoro, nel perseguimento di obiettivi orientati a difendere e salvaguardare la dignità di ogni donna e di ogni uomo, la Pastorale sociale e del lavoro sarà presente.
Colgo nel tema una prima, immediata sintonia con la vostra iniziativa. Il 20 ottobre scorso, infatti, abbiamo tenuto nell’Aula Magna del Seminario un incontro sul tema: “Animare i territori. Alimentare la speranza” a un anno dalla 48^ Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, tenutasi a Cagliari dal 26 al 29 ottobre dello scorso anno.
Siamo persuasi, come voi, che la politica delle idee e la concretezza dei fatti si attua – come esorta papa Francesco – a partire dalle periferie, territoriali ed esistenziali. La diffusa sensazione di sfiducia, di resa, di amarezza e di sconfitta richiede da parte del mondo laico come di chi si professa cristiano una decisa reazione e una sorta di “rivoluzione”. Il compianto vescovo di Molfetta don Tonino Bello diceva: “Non fidatevi dei cristiani “autentici” che non incidono la crosta della civiltà. Fidatevi dei cristiani “autentici sovversivi” come san Francesco d’Assisi che ai soldati schierati per le crociate sconsigliava di partire. Il cristiano autentico è sempre un sovversivo. Uno che va contro corrente non per posa ma perché sa che il Vangelo non è omologabile alla mentalità corrente”.
Sono consapevole che la prima e costante tentazione per un cristiano, ma forse non solo per un cristiano, è quella dell’omologazione, della conformazione.
Anche per questa ragione abbiamo preferito proporre un momento di riflessione non già e non tanto su dati e statistiche, pur importanti, quanto sui segnali di speranza, seppur flebili, che è possibile cogliere nei territori, nelle persone che questi territori abitano, nelle esperienze che li animano. È sempre di don Tonino Bello la frase: “Accendere un fiammifero vale infinitamente di più che maledire l'oscurità”.
La Settimana Sociale di Cagliari con il tema: “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale” ha inteso innanzitutto proporre la novità del metodo partecipativo e sinodale. Di proposito si è abbandonata la convegnistica per rivolgersi ai volti della gente, dai loro drammi e dalle loro speranze. In secondo luogo ha mirato a valorizzare le “buone pratiche” presenti nel paese e a comunicarle in varie forme, arricchendole con le testimonianze dei partecipanti e degli invitati della cultura, della politica, del sindacato e delle imprese. In terzo luogo, è stato possibile far partire percorsi che abbiamo chiamato “Cantieri di Lavoro” per dare continuità al lavoro e li abbiamo messi in rete, illuminandoli con flash che propongono i punti centrali dalla Dottrina Sociale della Chiesa.
Fin dal 22 giugno scorso, data della mia nomina, ho inteso proporre all’Arcivescovo una pastorale di “prossimità” e di “itineranza”. Farsi prossimi ai bisogni e alle speranze della gente significa per noi uscire dalle sacrestie e addentrarsi nei vicoli delle esperienze quotidiane. Itineranza significa abbandonare il centro, il culmine, le sedi decisionali per portarsi fino all’estremo, al confine ultimo, laddove non c’è riconoscimento dei diritti e dove il lavoro, se c’è, si caratterizza per mercanteggiamento, sfruttamento e avvilimento.
Occorre pertanto una vera “conversione culturale” legata alla riscoperta del senso del lavoro come lo ha vissuto nelle sue forme migliori il cattolicesimo popolare in dialogo con le altre visioni della vita presenti nel Paese. Insieme a questo, una particolare attenzione allo sviluppo dell’economia digitale e al formarsi dell’Impresa 4.0. Siamo persuasi che per fare la quantità di lavoro occorre puntare sulla sua qualità: passare da un’economia della sussistenza - come fabbricazione e sfruttamento - ad un’economia dell’esistenza - produttrice, cioè, di saper-vivere e di saper-fare, in una parola di bene-essere. La via per umanizzare il lavoro è, ancora una volta, la formazione professionale, da troppo tempo abbandonata e sovente propinata sotto forme inefficaci e mortificanti.
Nei nostri territori è significativo l’impegno dei giovani del Progetto Policoro, come la ripresa delle Buone Pratiche nel progetto Cantieri di LavOro, e l’avvio di una sperimentazione sugli oratori, intesi non solo come luoghi di gestione del tempo libero, ma come ambienti educativi che formano alla vita e al lavoro anche attraverso lo sviluppo di competenze trasversali.
Certo rispetto allo scorso anno il quadro politico è profondamente cambiato, ma i problemi riguardanti il lavoro nella nostra società ci sono ancora tutti.
C’è ancora una grande domanda aperta sulla lotta alla povertà che cresce in termini impressionanti, rimane in sospeso tutto il programma della creazione del lavoro con la disoccupazione giovanile a livelli iperbolici. L’attuale manovra economica non punta a colmare il divario tra Nord e Sud, poiché non si intravede un piano organico di investimenti e di sviluppo. Rimangono ancora aperte diverse altre questioni come il lavoro femminile, il lavoro di cura, la garanzia della puntualità delle liquidazioni da parte delle pubbliche amministrazioni ai soggetti erogatori di servizi.
Anche a Cagliari economisti e sociologi ci hanno detto che ci vuole una politica economica espansiva che abbia al centro la dignità del lavoro in vista del futuro: rafforzando gli investimenti pubblici e privati, i giovani e la natalità, la formazione e la ricerca, la lotta al dissesto idrogeologico, al degrado del patrimonio culturale e delle periferie.
Occorre opporsi ai diktat della finanza e dei mercati speculativi, ma dicendo loro che si sta lavorando per creare un patto sociale tra tutti gli italiani che vogliono combattere gli sprechi, lottare contro l’evasione (di recente stimata in 110 miliardi di euro!), sconfiggere la corruzione e il clientelismo. Si libera veramente il popolo se la politica si mette a capo di tutti coloro che lottano contro chi distrugge risorse e sfrutta il lavoro. Ben venga avviare le persone al lavoro, ma appare evidente il rischio di dare priorità all’incentivo, al sostegno, più che alla visione e alla creazione di lavoro. Ciò che riconosce dignità alla persona è il lavoro, ovviamente retribuito in maniera equa, ossia l’opportunità di sentirsi ed essere utili a se e agli altri, e non il “sussidio”. Ciò che crea cittadinanza è la possibilità e la consapevolezza di abitare i territori, di animare la speranza con la propria creatività, operosità, contributo attivo in termini di idee, di proposte, di condivisione solidale.
Come Diocesi di Cagliari abbiamo inteso offrire il nostro contributo con la creazione di uno strumento operativo finalizzato a supportare i giovani, promuovere nuove opportunità lavorative, creando e rafforzando la rete sul territorio. È nata così l’impresa sociale Lavoro Insieme s.r.l. realizzata attraverso la Caritas e come espressione di una pastorale integrata con la Pastorale sociale e del lavoro e la Pastorale giovanile, a un anno dalla Settimana Sociale dei cattolici italiani. Il progetto si fonda su due pilastri: l’impresa sociale, le cui competenze saranno messe a disposizione per accompagnare le idee lavorative, e un centro d’ascolto giovani e lavoro.
Ripartire dalle idee e dai territori richiede l’impegno di incontrarsi, ascoltare, riconoscersi reciprocamente come donne e uomini di buona volontà, per scoprirsi concittadini, coinquilini, familiari di quella “casa comune” richiamata da papa Francesco nella Laudato si’.
Ecco perche siamo qui: perché desideriamo con voi incontrarci, ascoltarci, riconoscerci e camminare fianco a fianco nel servizio alle donne e agli uomini della nostra terra.
don Ignazio Boi
Direttore dell’Ufficio diocesano
per la pastorale sociale e del lavoro
Cagliari 26 novembre 2018