Sinistra Autonomia FederalismoRipartiamo dalle idee e dai territori
Lascio a Gianmario Demuro il compito di entrare nel merito delle prospettive politiche e costituzionali dell’Unione europea, e mi provo a rispondere a due domande: cosa intendiamo per federalismo e perché lo riteniamo una risposta politica utile ai problemi della Sardegna, dell’Italia e dell’Europa?
Sono uno storico e, quindi, consentitemi di fare anzitutto un po’ di storia.
Il filone principale del federalismo in Italia ha la sua origine negli anni dell’unificazione, quando al nuovo governo nazionale, subentrato ai governi dei precedenti Stati territoriali, s’impose la scelta tra due ordinamenti: un ordinamento unitario accentrato, che si riteneva utile a una maggiore coesione politica, sociale e culturale, e un ordinamento federale, capace di conciliare le esigenze dell’unità nazionale con il rispetto dei caratteri distintivi di territori che vantavano, ciascuno, una lunga e talora gloriosa tradizione civile e politica. Era il caso della Repubblica di Venezia, del Ducato di Milano, del Regno delle Due Sicilie, dello Stato Pontificio e via seguendo.
I principali esponenti della tendenza federalista in Italia erano allora Giuseppe Ferrari e Carlo Cattaneo, grandi protagonisti dell’epopea risorgimentale italiana e intellettuali eminenti nel quadro europeo. Per la Sardegna è importante soprattutto la figura di Carlo Cattaneo, uno dei maggiori intellettuali italiani dell’Ottocento, fondatore della rivista scientifica «Il Politecnico» e mente universale, capace di muoversi con competenza e profondità nei territori dell’economia e dell’urbanistica, della storia e della filosofia, della linguistica e della psicologia, della geografia e della chimica
Tra il 1841 e il 1862 Cattaneo pubblicò tre notevoli saggi sulla Sardegna, con i quali propiziava la costruzione della ferrovia e rendeva partecipi del suo federalismo democratico alcuni intellettuali sardi, come Giorgio Asproni e Giovanni Battista Tuveri
Il federalismo di Cattaneo, come pure quello di Ferrari, era però, essenzialmente, un discorso sull’articolazione territoriale del nuovo ordinamento statuale italiano, e non ancora un discorso sulla democrazia come partecipazione attiva delle masse popolari alla vita dello Stato. E, in ogni caso, esso usciva sconfitto dal confronto con la linea unitaria e centralista, come più in generale le tendenze democratiche dovevano cedere il campo alle tendenze moderate. In merito a questo esito del confronto politico nell’Italia risorgimentale potete leggere le potenti pagine che vi ha dedicato Antonio Gramsci nei Quaderni del carcere.
È soprattutto per questo esito centralistico che lo Stato unitario italiano si mostrò incapace di realizzare un’effettiva integrazione territoriale e civile del Paese, sul cui sviluppo economico, sociale e culturale avrebbe gravemente pesato, sino al fascismo e oltre il fascismo, lo squilibrio tra regioni del Nord e regioni del Sud, l’incombere cioè di quella questione meridionale di cui si occuparono intellettuali come Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini, Guido Dorso e lo stesso Gramsci.
In seno alla questione meridionale venne pure ad enuclearsi la questione sarda, specialmente con le riflessioni di Asproni e di Tuveri, e quindi anche di Attilio Deffenu, giovanissimo e geniale nuorese contemporaneo di Grazia Deledda, Sebastiano Satta e Francesco Ciusa. Lettore di Karl Marxe di Georges Sorel, Deffenu fu il primo intellettuale sardo a comprendere che la questione sarda scaturiva, come quella meridionale, dall’ineguaglianza di sviluppo tra nord industrializzato e sud agricolo prodotta dal primo sviluppo capitalistico dell’economia italiana.
Ma perché la questione sarda fosse portata sul terreno propriamente politico, con la rivendicazione dell’autonomia dell’Isola, occorreva che essa fosse compresa e partecipata da un movimento di massa. È quanto si verificò al termine della Prima guerra Mondiale, quando alcuni giovani ufficiali della Brigata Sassari, Emilio Lussu e Camillo Bellieni davanti a tutti, si misero alla testa di un grande movimento popolare di ispirazione sardista e lo trasformarono in partito, il Partito Sardo d’Azione, dotandolo di un programma centrato sulla richiesta dell’autonomia per l’Isola. Autonomia come decentramento dei poteri dello Stato nelle Regioni (i sardisti furono i primi in Italia a parlare di autonomie regionali), ma autonomia anche come emancipazione delle masse popolari dalla soggezione ai potentati economici e burocratici e come riconoscimento della libertà e dignità di ogni individuo.
Con l’affermazione del fascismo il Partito Sardo d’Azione fu messo fuori legge, come tutti gli altri partiti, con le leggi speciali del 26 novembre 1926. Poco tempo prima Lussu era stato fatto oggetto di un’aggressione fascista nella sua abitazione di Cagliari, in Piazza Martiri, e si era difeso uccidendo un giovane squadrista, Battista Porrà. Gettato in carcere e imputato di omicidio, fu assolto un anno dopo dalla Corte d’Assise di Cagliari per legittima difesa, con grande disappunto di Mussolini che lo fece spedire al confino, nell’isola di Lipari. Nel luglio del 1929 Lussu ne evadeva però clamorosamente, assieme a Carlo Rosselli e Fausto Nitti, con i quali nello stesso anno diede vita a Parigi al movimento antifascista Giustizia e Libertà.
In seno a questo movimento, nel vivo della lotta clandestina contro il fascismo – e poi anche contro il nazismo – Lussu approfondivala sua idea di autonomia, ridefinendola nei termini di una organica teoria federalista dello Stato. Soltanto uno Stato organizzato su base federale, con il riconoscimento del ruolo decisivo delle comunità locali e delle organizzazioni dei lavoratori, avrebbe potuto a suo avviso opporre un argine insormontabile – una volta debellato il fascismo – a nuovi colpi di stato reazionari (Federalismo, 1933, in «Giustizia e Libertà»).
Caduti assieme il regime fascista e la monarchia, nel 1946 Lussu fu eletto alla Costituente, dove non trovò sostegno adeguato alla sua ipotesi federalista e dovette ripiegare sulla battaglia per conferire alla Repubblica italiana un ordinamento per autonomie – obiettivo conseguito con l’art. 5 della Costituzione – e per riconoscere un’autonomia “speciale” alle regioni più caratterizzate sotto il profilo storico, etnico e culturale. Fu specialmente intenso il suo impegno per lo Statuto speciale della Valle d’Aosta, mentre si dichiarò deluso della formulazione dello Statuto speciale della Sardegna scaturita dalla Consulta regionale sarda e approvata dalla Costituente soltanto il 31 gennaio del 1948, in chiusura dei suoi lavori.
Nonostante ne fosse stato il maggiore interprete in seno a Giustizia e Libertà e all’antifascismo italiano, Lussu non estendeva l’idea federalista all’Europa, e non lo fece neppure quando fu sollecitato in tal senso da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, che nel 1941 avevano pubblicato il Manifesto di Ventotene, contenente un ardito e geniale programma di federalismo europeo.
Spinelli, ex-comunista, e Rossi, aderente a Giustizia e Libertà, entrambi esponenti di spicco dell’antifascismo, ritenevano che la ricostruzione dell’Europa, una volta sconfitti il fascismo e il nazismo, potesse avvenire soltanto su base federale, superando la dimensione statuale nazionale, e cioè una forma di Stato che a loro avviso avrebbe nuovamente portato al nazionalismo e al conflitto tra Stati sovrani.
Se il federalismo sardo e italiano di Lussu aveva la sua prima ascendenza nelle idee di Ferrari e Cattaneo, il federalismo europeo di Spinelli e Rossi si ispirava invece alle riflessioni filosofiche sulla «pace perpetua» di Jean Jacques Rousseau e di Immanuel Kant e alle teorie Costituzionali dei federalisti americani (Alexander Hamilton, James Madison e John Jay) autori, sotto lo pseudonimo di Publius, della celebre raccolta di saggi The Federalist (1787-1788).
Rispetto alla elaborazione americana il programma federalista del Manifesto di Ventotene aveva però una forte caratterizzazione anche sociale perché, oltre all’abolizione della divisione dell’Europa in Stati nazionali, si proponeva anche «l’emancipazione delle classi lavoratrici». Sotto questo profilo il Manifesto di Ventotene si poneva in linea di continuità con il federalismo di Lussu e, come questo, non aveva niente a che vedere con quel federalismo senza orizzonte europeo e sociale di cui in seguito si sarebbe fatta interprete la Lega di Umberto Bossi e Matteo Salvini
Nonostante lo scetticismo di molti antifascisti – Lussu compreso, come notavo – la tenacia di Rossi e di Spinelli fece sì che il messaggio del Manifesto di Ventotene fosse presto raccolto da alcuni prestigiosi intellettuali e politici europei. Nel 1951 i francesi Jean Monnet e Robert Schuman propiziarono la creazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), che benché finalizzata soprattutto a superare il secolare conflitto tra Francia e Germania per le miniere di ferro e carbone dell’Alsazia Lorena, rappresentò il primo passo del successivo percorso di costruzione dell’Unione europea.
Il secondo passo fu l’istituzione nel 1957 della Comunità economica europea (CEE), che Spinelli inizialmente guardò con diffidenza, ma poi rivalutò come primo embrione della costruzione federale europea. Un’opinione successivamente confortatadalla creazione a Strasburgo nel 1962 dell’Assemblea parlamentare europea (ancora non elettiva) e a Bruxelles nel 1968 della Commissione della comunità europea.
Sino al Trattato di Maastricht, nel 1992, il processo di unificazione anche politica dell’Europa ha proceduto in modo lineare, tanto da consentire di lì a dieci anni l’adozione della moneta unica (l’area dell’euro comprende oggi 19 Paesi, a fronte dei 27 che compongono l’Unione europea dopo l’uscita della Gran Bretagna)
La storia più recente dell’unificazione europea è purtroppo segnata – come ben sapete – da difficoltà e da risorgenti nazionalismi, di cui non è purtroppo immune l’Italia, grazie a quel pactumsceleris che la Lega e i Cinque Stelle hanno stipulato in spregio ai valori di progresso e di civiltà che l’Unione europea incorpora, nonostante gli attuali limiti e contraddizioni. Ma di questo tratterà Gianmario Demuro.
Carbonia 14 gennaio 2019