Sinistra Autonomia FederalismoRipartiamo dalle idee e dai territori
Intanto ringrazio il Gruppo Ghilarza per l’impegno ad organizzare iniziative su tematiche, di cosi alto rilievo, che ai più sono troppo spesso avulse, altre volte ritenute semplicemente inutili e altre ancora banalmente citate solo e soltanto per la loro denigrazione.
Tematiche certamente difficili, che comportano faticosa (come lo è la pratica democratica) volontà di riflettere e approfondire, che invece rivestono l’ossatura del vivere comune, in pacein ogni suo aspetto e che vanno prese e trattate nella loro più alta e giusta considerazione, come appunto si sta facendo in queste occasioni che si ripetono nei territori.
Caro Alberto (Pili: vedi suo intervento), negli anni ci è capitato molto spesso di avere opinioni e convinzioni politiche decisamente comuni. E cosi capita anche oggi in modo in una modalità per certi versi sorprendente perché in questi miei fogli c’è sostanzialmente il tuo intervento. Ovviamente siccome l’hai già esposto tu evito di ripeterlo.
Questo mi da modo di abbreviare il mio intervento svolgendo solo alcune considerazioni per le quali utilizzerò alcuni esempi che si richiamano a parti delle corpose e bellissime relazioni dei Professori Gianmario Demuro e Gian Giacomo Ortu.
Pensate a ciò che si sente troppo spesso sulle colpe assolute dell’Europa. Sulle limitazioni e veti che la stessa porrebbe al nostro Paese. Colpe che invece sono spesso meriti e molte altre volte vantaggi, frutto del Patto, dell’Alleanza, dell’essere insieme con titolarità e vincoli, dei trattati con i quali i membri di una comunità si impegnano a cedere parte della propria sovranità su temi di interesse alto e comune ad un continente e al mondo a cui guarda. Mantenendo le prerogative dell’attuazione, del controllo e delle sanzioni sulle direttive concordate, ma sottostando ad altrettante verifiche, eventuali aperture di procedure d’infrazione e determinate sanzioni quando quei trattati, quegli accordi vengono violati e/o aggirati.
Il primo esempio è relativo alla Legge Finanziaria di questo governo: pensate cosa avrebbero potuto fare le 2 forze politiche, che compongono il governo con un contratto che più di strategia di governo per gli interessi reali del Paese, operano nel campo di enormi contraddizioni, nella perenne iniziativa di predominio elettorale dell’uno sull’altro e dei messaggi di paura che propugnano ad uso e consumo del più becero populismo mediatico elettorale. Pensate quanto, senza quella giusta limitazione, avrebbero sconfinato con i conti con una legge finanziaria per la loro campagna elettorale senza limiti e quanto quei debiti avrebbero impegnato il Paese. Debiti che pagano sempre i soliti noti come nel 2011 con la Fornero e tutto il resto,e che dunque sarebbero stati a nostro carico, dei nostri figli, nipoti e pronipoti, per i prossimi decenni.
Credo che i molteplici rischidi quella finanziaria cosi fatta e le gravissime conseguenze possano essere chiari a tutti. E credo sia altrettanto chiaro che ci è stata risparmiata è solo e soltanto perché stiamo in quella comunità che, come tutto è fatta di regole, perimetri di agibilità concordata per la buona convivenza e nell’interesse generale.
E qui vengo all’altro esempio che riguarda problematiche pratiche del nostro territorio. Cioè la concorrenza: per quanto mi riguarda sono convinto che senza quel Trattato (l’88) che regola e delimita la concessione di aiuti di stato, noi oggi non avremo alcuna possibilità di soluzione strutturale, contro le alchimie, spesso bocciate, dei governanti di turno, sul tema del costo energetico.Un tema fondamentale, direi vitale, che per il Sulcis Iglesiente vale la possibilità di pensare e pianificare la ripresa delle produzioni industriali che sono insieme vita, competenze, storia, vocazione, valori economici e occupazionali, evoluzione tecnologica. E ancora, considerati i fatti oggettivi, prospettiva contro la desertificazione del lavoro e dunque il contrasto allo spopolamento in atto da tempo.
Ce n’è voluto ma alla fine la lotta dei lavoratori dell’Alcoa a cui va l’80% del merito, delle forze politiche e sindacali a tutti i livelli, con il giusto rapporto con quelle europee, hanno trovato la quadratura proprio nell’ambito delle regole per la concorrenza.Anche il risultato di quella lotta, dovuta si alla nota testardaggine dei protagonisti, della capacità di guardare in faccia la realtà e trovare la giusta strada, è una dimostrazione del valore della collettività contro il corporativismo, considerato che della stessa ne ha beneficiato tutto il Paese e molte centinaia di realtà lavorative.Il tutto contrariamente alle critiche più feroci, che spesso erano solo la più becera e italica pratica dell’insulto, della denigrazione, rassegnazione con annessa ricerca del capro espiatorio.
Poi dovrebbe essere chiaro che di quel Trattatoil nostro Paese se ne avvantaggia ulteriormente perché può capitare e capita che in momenti di crisi così importanti ci siano Governi che pur di ottenere facile consenso fanno di tutto e di più. A volte ignari e/o incuranti di cosa capiterà a posteriori; altre invece consapevoli dei successivi annullamenti e sanzioni eben pronti a accusare l’Europa matrigna. Ma anche da altri rischi della competizione sleale che gli altri Stati di questo continente, con condizioni economico finanziarie più forti e senza limitazioni, potrebbero mettere in atto intervenendo maggiormente a sostegno delle loro produzioni facendo man bassa delle nostre.
Non ritorno sulle cose che ha detto Alberto, sui risultati delle strategie (la 2020) e dei suoi 5 obiettivi per il miglioramento delle condizioni economiche e sociali con l’importanza e i risultati che rivestono nella politica Europea. Mi limito a ribadire il valore di quella relativa all’Istruzione perché una vera comunità non può che basarsi da questo importantissimo e fondamentale impegno per superare le discriminanti in tutti i territori dei suoi Stati Membri
Risultati tutti positivamente in progress tranne uno, il contrasto alla disoccupazione sulla quale c’è addirittura un arretramento, che in ogni caso certificano la validità del progetto europeo, che va difeso e implementato, ma che chiaramente non toglie alcuna titolarità e responsabilità nazionali nelle scelte da farsi in un quadro di regole,possibilità condivisee senza sotterfugi. Regole che peraltro e fra le altre, prevedono deroghe per situazioni particolari e una giusta redistribuzione di risorse proprio per andare incontro alle regioni più deboli e in ritardo di sviluppo.
E qui,proprio su quest’ultimo aspetto viene il terzo esempio che ho vissuto di persona. Qualche anno fa, anche se sembra passata un’epoca, durante la legislatura Cappellacci, partimmo con una mobilitazione generale regionale condivisa che ci porto tutti a Bruxelles: Regione, Province, Sindacati, associazioni datoriali.
In quell’occasione si paventò palesemente come la scarsa qualità e organizzazione dei decisori regionali, fosse la brutta cifra fra la propaganda accusatoria e la realtà dei fatti. Quei fatti che un alto dirigente ci mese brutalmente davanti agli occhi con una decina di slide nelle quali figuravano i progetti e le risorse stanziate, per 2 miliardi di € (4 piani Marshall…), che erano desolatamente fermenonostante loro stessi facevano di tutto per aiutare (tutto documentato in maniera certosina all’imbarazzato assessore al Lavoro), cercando e ricercando i referenti in Regione per sviluppare quelle intraprese. Ricerca che si scontrava con imbarazzanti telefonate a vuotoede-mail senza risposta, da Bruxelles a Cagliari, per il continuo cambio di Assessori che a loro volta si trascinavano dietro il loro gabinetto. Dunque facendo perdere ogni riferimento e ripartendo da zero su ogni cosa, su ogni pratica.
Quella riunione dove era atteso il Presidente della Regione, che però casualmente si ammalò e restò in albergo, si concluse con la comunicazione che chiariva che il tempo per l’utilizzo dei finanziamenti era agli sgoccioli e che se la regione non avrebbe provveduto a sviluppare le pratiche e spendere le risorse entro i successivi 60 giorni, quelle stesse risorse, nel rispetto delle regole, sarebbero stati rimodulati verso le altre Regioni che, diversamente dalla Sardegna avevano portato a compimento i lavori e soprattutto avuto ottime e certificate ricadute rispetto al miglioramento economico e sociale per le quali quelle risorse erano state attribuite.
Non credo che vi debba dire come andò a finire… e questo la dice tutta sulle pesanti responsabilità insite nell’autonomia, nella qualità del quadro dirigente, della coesione politica e sociale per come è configurata in Europa. Quella dei diritti civili, sociali, del lavoro che è uno dei temi in cui ci si deve impegnare per costruire uniformità di condizioni e universalità dei diritti / doveri,
L’ultima considerazione riguarda appunto l’Autonomia, che altro non è, repetitaiuvant, che una sorta di federalismo nel quale uno o più soggetti, delegano ad altri parte della propria sovranità, con onorie oneri. Una pratica che vale in Europa, che è frutto del manifesto di Ventotene del 41, che però nasce nel 1787, con la firma a Philadelphia della Costituzione Americana e che in Sardegna è sempre stata vissuta con questa intenzione, diversamente da altre regioni che l’hanno portata al livello di separatismo e di assoluta indipendenza dallo Stato “oppressore”.
Qui sono certo di non dover entrare nei particolari sulla storia, anche di lotta armata, fra le altre dell’Irlanda, Dei Paesi Baschi oppure della vicina Corsica, che recentemente ha virato dal separatismo conquistando uno status più vicino alla nostra situazione;Della Catalogna che però, nella sua particolarità di essere regione ricca, ha ragioni di fondo e rivendicazioni opposte alle altre; E infine dell’Inghilterra che in questo tempo credo stia vivendo la fase più difficile della decisione del popolo chiamato ad esprimere il suo voto per l’uscita dall’Europa senza che, per molti osservatori, avesse compiutezza dei risvolti che ora possono rivelarsi anche drammatici per l’economia e per il vivere quotidiano nel proprio Paese e nel contesto Europeo.
La nostra prerogativa storica, da difendere dai tentativi populisti e nazionalsovranisti, non è solo da salvaguardare ma da manutenzionare e implementare. Per questo la Regione deve pretendere di poter sviluppare le sue prerogative ma al contempo deve comportarsi allo stesso modo con i livelli istituzionali sotto ordinati. E gli stessi a loro volta con gli altri.
Perché l’autonomismo, quello genuino della nostra Storia, non è e non può ragionevolmente essere pratica a senso unico. Volere è potere e con perseveranza e sacrificio si può fare.
Carbonia 14 gennaio 2019