Sinistra Autonomia FederalismoRipartiamo dalle idee e dai territori
Una nuova cultura politica per il bene comune
Ringrazio gli organizzatori del convegno "La Sardegna per una nuova Europa", saluto i relatori e i presenti a questo appuntamento importante, tanto per la ricorrenza storica de Sa die de sa Sardigna, che ricorre domani, quanto per la necessità di ricostruire un terreno di valori comuni per scrivere la storia futura, non dico della nostra isola, ma dalla nostra isola.
Per presentarmi, mutuo l’ormai nota frase di un giovane di Torre Maura, io non sono di alcun partito, sono di Villamassargia. Sono Sindaca da quattro anni e vorrei dare un contributo alla discussione in maniera costruttiva da un punto di vista glocale, partendo dal basso.
L’attuale realtà economica e politica si basa su una rete di relazioni a lunga distanza, le potenzialità della tecnologia che interconnette in tempo reale un capo e l’altro del mondo, sta rivelando un potere disgregante nella breve distanza, nella dimensione comunitaria, penso al pericoloso uso dei social network, che condiziona la visione del mondo delle persone e ne orienta il pensiero individuale e collettivo. Per questo, sento una forte responsabilità, come capo amministrazione, sul piano socio-culturale rispetto alla mia comunità. Occorre lavorare su un rafforzamento politico-istituzionale e culturale della società e gli Enti Locali hanno una posizione strategica e importante come cuscino assorbente delle crescenti frustrazioni sociali e traduzione delle istanze in termini di legalità, riconducendole nell’alveo del diritto.
In sostanza, il primo livello operativo di un amministratore oggi, credo sia accompagnare nella giusta strada il cittadino verso la risoluzione di ogni problema nella selva normativa dei regolamenti comunali, delle leggi regionali, nazionali, europee, superando le insidie della burocrazia e della lentezza della giustizia italiana. Se oltre al lavoro puntuale, cittadino dopo cittadino, problema dopo problema, si prende per mano l’intera comunità, moltiplicando le soluzioni e mostrando che l’interesse pubblico non è la somma degli interessi privati, ma la comune soluzione alle difficoltà di tutti.
Come fare?
Prima di tutto, restituendo dignità all’istituzione che rappresentiamo. Credere nelle istituzioni, non è una fede religiosa. Si ottiene solo se funzionano i servizi, perché diversamente se questo non accade a livello comunale, “figuriamoci cosa fanno in Europa”.
Per dirla come De Gregori ne La Storia siamo noi:
«E poi ti dicono tutti sono uguali / Tutti rubano alla stessa maniera/ Ma è solo un modo per convincertiA restare in casa quando viene la sera».
Dobbiamo, invece, uscire di casa, andare in piazza e far sentire la voce dei nostri territori, affinché l’eco risuoni lontana e, oltre ad essere ascoltati, diamo a nostra volta un contributo di crescita al mondo globale.
Io ho una formazione accademica da geografa, perciò penso sia tutto una questione di scala. Scala in geografia, sussidiarietà nel diritto che sovverte l’apparente perifericità delle comunità locali rispetto allo Stato centrale e degli Stati rispetto all’Europa. L’integrazione delle competenze ai vari livelli di governo è la chiave per migliorare i servizi ai cittadini, perché è soprattutto tra le falle di questi incastri che passa la cattiva percezione del servizio pubblico. L’Europa è vista come un gigante burocratico, emblema di complessità e distanza della politica, anche quando è nota la sua funzione di sostegno economico. Attività produttive, mobilità, trasporti, turismo, sono tutti ambiti di “confine” con diversi “spazi vuoti”, difetti di efficienza ed efficacia nell’azione amministrativa dei rispettivi enti di competenza.
Dobbiamo ridefinire i rapporti tra economia e politica, tracciare un nuovo limite. Ci troviamo di fatto in una condizione di subalternità della politica all’economia, o meglio della cattiva politica rispetto all’economia, che non è né buona né cattiva, è economia.
Su scala mondiale, lo sviluppo di un Paese si può misurare in base al livello di corruzione. Dai Paesi Africani a Nordeuropei, passando per l’Italia e la Sardegna. Per questo serve una nuova cultura politica, che riparta dai valori della democrazia e dalla persona, e ci riguarda tutti, anche nel nostro piccolo. Il voto di scambio oggi è addirittura praticato al contrario. Il cittadino “vende” il suo voto al miglior offerente, si osserva in ogni competizione elettorale, ci sono state le regionali di recente.
Da qui bisogna riconoscere i problemi, dargli un nome e superarli con uno scatto culturale, serve che la politica cresca, si elevi coraggiosamente, anche a costo di perder consenso, non sarà peggio di quanto già il centro sinistra non abbia già fatto (parlo appunto della perdita di consenso). Ma sarà un seme ben speso, nella costruzione di una nuova cultura politica, finalizzata al perseguimento del bene comune, invece di un’ottica strettamente utilitaristica pro domo mea. Questa è una delle piccole grandi lotte culturali che quotidianamente combattiamo nei comuni, spesso sentendoci soli o dei “marziani” di fronte ai cittadini.
Quante volte mi sono sentita dire: “si vede che non sei un vero politico”, parole affettuose ma superficiali. E qui scatta la lotta per un ideale: “perché mi dici così? Il mio agire politico sta proprio in questo, la differenza fai bene ad apprezzarla: proprio perché non voglio essere un cattivo politico, non ti rispondo che si può fare ciò che non si può, ma ti rispondo che ti aiuterò a risolvere il tuo problema senza causarne agli altri, che non ti avvantaggerò a spese altrui, che lo prenderò ad esempio per altri che hanno il tuo problema e che lo risolveremo legittimamente.
Da qui è iniziata la corsa della nostra Amministrazione nel portare il comune di Villamassargia verso la direzione di un’azione amministrativa efficiente ed efficace, che si prefigge di dare le giuste risposte in tempi giusti. A tutti.
Garantire i diritti fondamentali, libertà, ambiente, istruzione e lavoro senza lasciare nessuno indietro, diffondere tra i cittadini la consapevolezza dei propri diritti e doveri contro la cultura politica del favore.
Anche il ricambio della classe dirigente è un ingrediente essenziale per la democrazia, cedere il posto a un compagno o a una compagna, magari può essere meno peggio che essere spazzati via dall’onda "populista". Per fare questo, lavoriamo per l’equità sociale a servizio della democrazia, i processi dal basso, la partecipazione nell’interesse pubblico. Facciamo un passo indietro se siamo diventati più veloci degli altri e non abbiamo paura di chiedere di essere aspettati se corriamo più lenti, che venga riconosciuto lo svantaggio della condizione di insularità, utilizziamo lo strumento dell’autonomia regionale, dichiariamo che la legge elettorale nelle elezioni europee penalizza la Sardegna e lavoriamo per cambiare le cose qui. Dalla Sardegna.
Debora Porrà
Iglesias, 27 aprile 2019